
Si dice anche che una bomba non cada due volte nello stesso posto (vorrei anche vedere visto che è già caduta…) ma anche “agli zoppi calci negli stinchi”…
Scendendo nel reale e al chiaro riferimento che è nelle nostre teste, ci potremmo domandare se prendere sei pali in quattro partite sia riavvicinabile alla grande famiglia rappresentata dal partito della “sfiga che ci vede benissimo” e che, a detto di costoro, si è accanita (se fosse possibile una personificazione) contro la nostra squadra.
Causalità (o addirittura “cattiveria” del destino) e non casualità.
Si potrebbe però obiettare che prendere i pali costituisce una eventualità da mettere assolutamente in conto quando si tira verso una porta che non è di dimensioni infinite e soprattutto tenendo conto che si tende a tirare verso le estremità della stessa. Vicino cioè ai pali. Ma di fatto non nella porta.
Quindi causalità: prendo il palo perché non centro la rete. Se di poco (quindi palo) o di molto (quindi fuori) purtroppo poco significa a livello statistico (“vicino ‘un conta”, ci aiuta un altro detto popolare).
Il problema, filosofico, esiste. In effetti se la palla fosse entrata almeno una metà delle volte, si stravolgerebbe ogni valutazione. “Nessun vincitore crede mai alla fortuna” sosteneva Tucidide (e ne riprendeva il concetto anche Nietzsche). Ma d’altronde nessuno ci ha assicurato che la realtà è indefettibilmente logica e coerente. Se attribuiamo tutte le nostre vittorie al nostro merito e tutte le nostre sconfitte alla sfortuna, è ovvio che ci considereremo comunque sfortunati.
La sorte a volte ci è favorevole a volte no, ma dovremmo imparare a dare maggiore importanza ai casi positivi e minore importanza a quelli negativi, in quanto previsti o prevedibili.
E’ infatti prevedibile che si colpisca il palo se il gesto atletico è stato apprezzabile, ma evidentemente, non lo è stato abbastanza. Cioè, causalità: il giocatore che ha tirato ha sbagliato. Se ciò gli accade spesso, evidentemente è uno bravino ma non lo è abbastanza. Abbastanza per segnare, quindi vincere, e dunque restare in serie A…
Oppure può capitare di avere davanti un Caglioni o un Eleftheropulos qualunque che in quel preciso momento riesce ad essere lui stesso causa dei suoi attacchi di fortuna, cioè è stato bravo (almeno dal suo punto di vista, secondo quanto detto finora).
Per cui potremmo concludere che la “fortuna” non esiste. La palla va messa all’interno dei pali e scansando quel signore addetto ad impedirlo. E’ l’unica possibilità per fare rete e diventare bravi (o fortunati?). Quindi per farla più gradevole e per rimanere nel gioco del proverbio:
La fortuna va aiutata, la sfortuna no.
2 commenti:
la fortuna aiuta gli audaci...e noi non lo siamo...vorrei far notare una cosa:l'empoli non è più forte di noia anzi...però a differenza nostra quando scende in campo per giocare dice sempre la sua,fa il suo gioco dal primo minuto;può vincere come può perdere o come può pareggiare ma non smette mai di correre e fare il suo gioco. Noi a differenza (levato ieri che anche dopo il goal abbiamo creato poche palle goal e siamo stati indecorosi,ma il gioco dov'è??palla a destra palla a sinista..nn si sfonda e alla fine palla buttata nel mezzo..nemmeno nel campetto del prete) aspettiamo sempre di subire un goal per fare il nostro gioco.Entriamo in campo sempre rilassati e con la paura di prendere goal. Io non voglio nè lo scudetto nè l'europa...mi accontenterei di vedere 11 giocatori che entrano in campo convinti e che giocano dal 1° secondo all'ultimo secondo della parita senza mai paura.... è chiedere troppo????? e mi spiegate perche ieri siccome nn si riusciva a sfondare palla a terra centralmente non ha messo locatelli invece di chiesa rientrante dopo più di un mese di stop????
Davout....non c'ho capito niente...però sono talmente depresso che sono d'accordo.
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